Non ci sono parole adeguate. Addio Tommy, sarai sempre con noi, nei nostri cuori.

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Ho deciso di cominciare a segnalare qui le date di pubblicazione degli episodi già pronti, sfruttando così la possibilità offerta da Blogspot di programmare in anticipo la pubblicazione automatica dei post.

Tanabrus

venerdì 5 settembre 2008

003

La nave era lentamente scivolata in porto, dopo aver fatto salire a bordo un ufficiale locale che non pareva molto desideroso di adempiere ai propri doveri. Uno stato d'animo tutto sommato comprensibile, vista la quantità di navi che in quel periodo arrivavano all'isola, ma che l'uomo si sforzava di nascondere, non volendo apparire irrispettoso nei confronti del proprio Dio.

Una volta che ebbero attraccato Kharon scese dalla nave per primo, privo di bagaglio e apparentemente incurante del fatto che il resto dell'equipaggio era ancora a bordo, intento a cominciare le procedure di scarico delle merci. Si era già accordato al riguardo con Torji.
Era il mago al suo servizio, ma i suoi servigi erano richiesti solamente durante il mercato. I lavori di fatica come lo scarico delle merci, o il trasferimento dei bagagli negli alloggi alla locanda, li avrebbero svolti i marinai o i suoi aiutanti.
Kharon aveva accettato di buon grado quel poco tempo di libertà prima di buio, e aveva deciso di sfruttarlo per dare un'occhiata alla città.

Sul molo diede solo un'occhiata di sfuggita alle altre navi già attraccate. Intorno a lui c'era molta gente in costante movimento tra le navi all'ancora, o tra le navi e i magazzini situati a qualche centinaio di metri dalle navi. Una sola volta si era fermato, intenzionato ad osservare una grande nave con una polena enormemente realistica. Quella sua decisione gli costò un paio di spintoni e degli insulti urlati al suo indirizzo da parte di qualche scaricatore dalla pelle abbronzata e dai muscoli bene in evidenza.
Aveva quindi optato per un più prudente allontanamento dalla zona prettamente portuale, ritrovandosi a vagare per le strette strade di quel borgo cresciuto rapidamente grazie all'importanza religiosa dell'isola.

Nel suo vagare, passò dalla zona portuale a quella alberghiera, dove sorgevano moltissime locande ed osterie. In questa zona c'era ancora molta gente in giro per le strade, ma mentre al porto tutti erano indaffarati e con dei compiti da svolgere, qui le persone camminavano lentamente osservando le costruzioni attorno a loro o discutendo con i compagni.
L'attenzione di Kharon fu attratta dall'insegna di una locanda. La brace ardente. La locanda dove sarebbe dovuto tornare quella stessa sera, per riunirsi con il mercante e gli altri suoi nuovi compagni di lavoro.

Fece una smorfia, nel pensare al lavoro che lo avrebbe atteso l'indomani.

-Poteva almeno darmi dei soldi per comprarmi un passasggio e una stanza, invece di mandarmi via senza niente...

Borbottando contro il modo che aveva il suo maestro di renderlo indipendente e in grado di muoversi agevolmente nel mondo, come diceva lui, procedette oltre la locanda. Il cielo si stava tingendo di rosso, ma c'era ancora sufficiente luce per continuare per un po' con quell'esplorazione.
Ora che si trovava nei pressi del luogo dove avrebbe dormito, Kharon si fece più attento, prendendo mentalmente nota dei vicoli ciechi che si trovavano nelle sue vicinanze, degli edifici che si trovavano nei dintorni. Non contava di mettersi nei guai, ed era anzi sicuro che la sua missione segreta si sarebbe conclusa con la semplice constatazione che le voci che il suo maestro aveva udito erano solo storie da taverna, probabilmente raccontate da qualche ubriaco o da qualche fanatico di un'altra religione.
Ma quell'uomo non intendeva prendere la questione alla leggera, e voleva vederci chiaro. Certo, non riteneva la cosa abbastanza probabile da muoversi lui in persona, ma perchè non mandare il proprio assistente?

Per l'ennesima volta dall'inizio di quel viaggio, Kharon si trattenne dal maledire l'uomo cui, nonostante tutto, doveva la vita e le sue attuali conoscenze.
Invece continuò a girovagare, tentando di memorizzare le strade in modo da non rischiare di perdersi se anche avesse dovuto percorrerle di notte. Magari di corsa. Preferibilmente non inseguito, e comunque con il fermo proposito di scamparla in qualunque caso.

In un paio di circostanze incrociò qualche soldato di pattuglia. Le pattuglie, almeno a quell'ora del giorno, erano composte da tre soldati. Ma il fatto che indossassero solamente una corazza leggera, di cuoio, e come arma avessero solamente la spada che gli pendeva dal fianco gli faceva chiaramente intendere che nessuno si aspettava realmente dei problemi. Non durante il periodo della cerimonia, almeno.
Dubitava fossero i veri soldati dell'isola, i Guardiani della Fiamma di cui tanto aveva sentito parlare. Probabilmente i membri di quell'ordine di guerrieri stavano dalle parti del tempio, a protezione magari proprio del fuoco eterno che rendeva l'isola speciale.
Un fuoco che si diceva fosse inestinguibile, lasciato dal Dio sull'isola allorchè egli decise di tornare ad occuparsi di questioni divine abbandonando il mondo dei mortali.

Kharon dubitava fortemente che quella fiamma fosse realmente eterna, altrimenti non avrebbe saputo spiegare l'esistenza di un intero gruppo di guerrieri devoti a Dahvjin che si facevano chiamare i suoi guardiani.

Senza quasi che se ne rendesse conto, aveva abbandonato la zona alberghiera per terminare in una zona più decadente. Una zona che pareva in disuso, abbandonata.

-Toh, abbiamo visite.
-Già. Magari è qualcuno che ci è venuto a portare qualcosa...

Senza mostrare particolare timore, Kharon si bloccò e lentamente si voltò a cercare con lo sguardo i responsabili di quello scambio verbale. Li individuò subito, si trattava di due individui vestiti come straccioni. Si trovavano all'imbocco di un vicolo alla sua destra, le schiene appoggiate al muro. Uno dei due si stiracchiò, quindi uscì dal vicolo per avvicinare il giovane mago.

-Dì un po', non è che faresti un'offerta in onore del sommo Dio Dahvjin?

Lo sguardo con il quale l'uomo lo fissava era spavaldo, ironico. Pareva dimostrare una quarantina di anni, il suo volto era però deturpato da una cicatrice sul lato sinistro che lo faceva in qualche modo apparire più vecchio della sua età.

-Spiacente, ma non ho nulla.

A dimostrare la veridicità delle proprie parole, Kharon protese le braccia, mostrando i palmi delle mani. Sperava di riuscire a distogliere l'uomo dai suoi chiari proposito di furto, non sarebbe stato un buon biglietto da visita per lui in vista del ritorno in nave con il suo datore di lavoro. Dopotutto lui avrebbe dovuto smascherare i ladri, e venire derubato appena giunto sull'isola sarebbe stata una cosa molto imbarazzante.
L'uomo però fissava l'ampia veste che avvolgeva il corpo del ragazzo, evidentemente non fidandosi delle sue parole, ma essendo invece convinto che un qualche piccolo tesoro fosse celato all'interno di quell'abito.
Dopotutto, quasi tutti coloro che giungevano così presto sull'isola erano molto ricchi, e si portavano sempre dietro qualcosa come offerta al Dio.

-Vedremo...

Sorridendo a labbra dischiuse, così da mostrare i denti ingialliti, l'uomo fece comparire un pugnale nella mano destra.

mercoledì 3 settembre 2008

002

La navigazione era durata una settimana. Un tempo lunghissimo da trascorrere su una nave, se sei un passeggero e non un membro dell'equipaggio.
Kharon aveva passato quasi tutto il tempo nella sua cabina, leggendo la storia di quella regione così come era narrata nel loro libro sacro. Grazie alle conoscienze così acquisite adesso conosceva anche un poco della storia dell'isola dove stavano attraccando in quei momenti.
Appoggiato al parapetto di legno, osservava la piccola isola farsi sempre più vicina e divenire sempre più grande mentre l'imbarcazione si dirigeva verso il porto.

Fareh'jit era dominata dal vulcano che sorgeva vicino alla costa orientale della stessa isola, un vulcano imponente e minaccioso dal quale fuoriusciva da sempre una sottile linea di fumo nero. Un perenne avviso riguardo alla sua pericolosità.
Sul lato orientale dell'isola, quello dove stavano per attraccare, sorgeva una cittadina della quale Kharon ignorava il nome. Niente di particolarmente grande o sfarzoso, a quanto poteva vedere... poco più che una comune, piccola città costiera. Un porto abbastanza attrezzato ed ampio la congiungeva al mare, ed era già abbastanza affollato di imbarcazioni di medie e grandi dimensioni. Navi private di nobili giunti sull'isola per la cerimonia, e navi mercantili arrivate fin lì invece per partecipare al mercato che inevitabilmente accompagnava la cerimonia.
A parte la città, sull'isola Kharon non riusciva a scorgere altri segni di civiltà, vedendo altresì solamente una fitta vegetazione ovunque volgesse il proprio sguardo.
Sapeva però che da qualche parte, tra la città e il vulcano, doveva sorgere il grande tempio di Dahvjin, uno dei luoghi più sacri di quel credo religioso.


-Il mercato si terrà in un grande spiazzo subito all'esterno della città. Sarebbe stato più comodo se fosse stato vicino al porto, certo, ma così i pellegrini che andranno a visitare il tempio saranno obbligati a passare in mezzo al mercato. E difficilmente ne escono senza aver comprato qualcosa...

Kharon annuì senza voltarsi. Chi aveva parlato era Torji N'Avenf, un mercante della costa abbastanza conosciuto. Era il proprietario della nave, ed ovviamente a portarlo su Fareh'jit in occasione della cerimonia della Fiamma non era il suo spirito religioso quanto l'opportunità di fare ottimi commerci coi fedeli.
Il fatto che per quattro volte all'anno si tenessero queste grandi cerimonie sull'Isola, e che i precetti religiosi imponevano a tutti i fedeli di presenziare ad una cerimonia almeno una volta ogni dodici anni, rendeva quelle cerimonie delle occasioni di guadagno troppo ghiotte per qualsiasi mercante con un minimo di cervello.
E così la cittadina ai piedi del tempio era composta ormai per la maggior parte da locande che vivevano dei proventi realizzati nei giorni delle cerimonie, quando accoglievano un numero spropositato di stranieri. Ed era stato realizzato lo spiazzo del mercato.


-Direi che attraccheremo in serata, quindi per oggi non potremo fare nulla. Andremo al mercato domattina, quindi vedi di essere preparato che dovrai cominciare a lavorare."


Per arrivare all'isola, Kharon aveva offerto i propri servigi a Torji. Per puro caso infatti aveva sentito che il mago che teneva al proprio servizio si era ammalato, e non sarebbe riuscito a guarire abbastanza rapidamente da consentirgli di svoglere il proprio dovere durante la cerimonia. Cogliendo al volo l'occasione, il ragazzo si era così proposto come suo sostituto e malgrado lo scetticismo iniziale del mercante aveva saputo convincere il mago della propria abilità. Probabilmente, la spinta decisiva all'assenso del mago al suo impiego era dovuta al fatto che fin dall'inizio Kharon aveva messo in chiaro di non essere alla ricerca di un lavoro a lungo termine, ma solo per un lasso di tempo breve. Aveva spiegato loro infatti di voler assistere alla cerimonia, e di aver pensato di pagarsi il viaggio e l'alloggio lavorando.

Così, dalla mattina seguente avrebbe dovuto passare le proprie giornate passeggiando tra i banchi delle merci di Torji, controllando che nessuno cercasse di fare il furbo aiutandosi con la magia. Ladri invisibili, merci che volavano via, monete false create con la magia... se un mercante non teneva sul proprio libro paga almeno un mago abbastanza abile, in breve tempo sarebbe fallito.
Si sentiva vagamente umiliato, nel dover coprire quel ruolo di guardiano, ma non aveva avuto molta scelta al riguardo. L'alternativa probabilmente sarebbe stare giungere sull'isola a nuoto, come aveva compreso quando aveva saputo i prezzi che i capitani delle navi richiedevano per il trasporto dei fedeli all'Isola. Nessuno voleva ritrovarsi escluso dai guadagni derivanti dalla religione.

-Di preciso dove si trova il tempio?
-Uh? Vuoi andarlo a visitare già questa sera? E' a qualche ora di cammino dalla città, ai piedi del vulcano. Ma ti consiglio di lasciar perdere per ora, o domattina sarai troppo stanco per lavorare.
-Non preoccupatevi, non intendo passare la notte in piedi.
-E poi non è che potresti...

La mano dell'uomo si posò lievemente sulla schiena del ragazzo, e sollevò un poco la coda nella quale erano trattenuti i lunghi capelli neri di Kharon. Questi scosse il capo con decisione.

-No, non ho intenzione di tagliare i capelli. Tanto non devo mica cercare di farmi passare per uno di voi, no?

Il mercante sospirò teatralmente lasciando ricadere la coda sulle spalle del ragazzo. I suoi capelli erano tagliati cortissimi, così come quelli di tutto l'equipaggio della nave. E Kharon sapeva che quassi tutte le persone che avrebbe incontrato sull'isola avrebbero portato i capelli in quella maniera, se non proprio completamente rasati. Era una delle usanze della regione, ovviamente fatta risalire ad un antico episodio del soggiorno terreno di Dahvjin in cui il Dio del Fuoco, mostrando i propri poteri, bruciò i capelli dei fedeli a lui più vicini. E immediatamente sembra che tutti presero ad imitarli.

-Mah, magari vederti con i capelli così lunghi attirerà la gente. L'esotico di solito attira i curiosi, e i curiosi finiscono per comprare qualcosa...

Kharon sorrise a quella considerazione. Più conosceva il mercante, e più si ritrovava a pensare che sarebbe stato in grado di trovare in ogni situazione un aspetto a lui proficuo, dal quale trarre vantaggio.

-Ma se così non fosse, ti coprirai con un cappuccio e diremo che sei sfigurato in volto per un vecchio incidente con dei predoni. Patirai un caldo infernale, ma la colpa è solo tua. E ovviamentet dovrai pensare a qualche storia da raccontare riguardo ai predoni. Anche le storie di battaglie attirano i clienti...

lunedì 1 settembre 2008

001

"Giunto sulla terraferma, dopo che ebbe visitato le isole, Dahvjin Si fermò a riposare sopra una scogliera, e disse ai fedeli che Lo avevano seguito nei Suoi viaggi che in quel punto sarebbe sorta la Città Santa che avrebbe illuminato l'intero mondo con la sua luce splendente.
I fedeli cominciarono a costruire le loro nuove abitazioni lì, e durante la notte il Divino operò un altro dei suoi miracoli circondando la scogliera con impenetrabili mura di roccia alte cento piedi.
L'area racchiusa da quelle mura avrebbe potuto accogliere agevolmente tutti gli abitanti dell'intera fascia costiera di Faheir'ont e delle isole, ed i Suoi fedeli si stupirono di tali dimensioni chiedendosi il motivo di tale grandezza. Ma Dahvjin, che conosceva i loro pensieri, gli predisse che un giorno quell'area sarebbe stata completamente occupata dalle abitazioni della città, e che da lì avrebbero governato su tutto Faheir'ont, protetti dalle mura che Lui stesso aveva eretto in una notte.
Battezzò tale città Davah'nji, la Città sacra."



Sbuffando, Kharon chiuse il libro che stava leggendo e si alzò dallo scomodo giaciglio sul quale era seduto.
La cabina era piccola, composta dalla brandina sulla quale fino a pochi istanti prima era seduto a leggere e da un baule rappresentante il suo bagaglio. In effetti, più che una cabina pareva una cella, ma aveva l'indubbio pregio di garantire un minimo di riservatezza, confrontato con l'unica alternativa disponibile, rappresentata dal condividere una grande cabina con almeno cinque altre persone.
E Kharon teneva alla riservatezza, sopratutto quando leggeva quel libro. La testimonianza della Fiamma, il libro sacro dei fedeli di Dahvjin. Non che gli interessasse se qualcuno lo vedeva intento a leggerlo, dopotutto stavano andando sull'isola dove si trovava il suo tempio principale, e il suo culto era la religione principale di tutta la zona, dalle isole fino al grande deserto. Piuttosto, non desiderava venire visto mentre lo leggeva perchè spesso si lasciava sfuggire commenti sarcastici sui brani letti. E da quelle parti, un fanatico religioso non ci avrebbe pensato due volte prima di attaccare un estraneo accusandolo di eresia.

Si avvicinò alla piccola finestra circolare sulla parete, osservando avidamente il paesaggio esterno.
Mare, mare, nient altro che mare. Durante questo viaggio aveva scoperto di odiare profondamente il mare, senza dubbio preferiva altri mezzi di trasporto pù convenzionali. Cavalli, carrozze, i propri piedi, il volo. Anche il teletrasporto sarebbe stato preferibile rispetto a quel viaggio interminabile, intrappolato in una prigione galleggiante, senza possibilità di muoversi realmente.
Cercò di spingere lo sguardo più lontano possibile, sperando di avvistare la sagoma di qualche isola all'orizzonte, ma la sua flebile speranza risultò vana. La terra era ancora lontana.
Sospirando, tornò a sedersi sul letto riaprendo il libro ad una pagina a caso.


"Da oriente, l'esercito nemico avanzava attraverso pianure e colline, inarrestabile. Centinaia di migliaia di soldati, guidati dalla migliore cavalleria del mondo conosciuto. Una macchina da guerra formidabile che era già riuscita a conquistare innumerevoli nazioni, e che ora aveva puntato i propri occhi sulle coste abitate dai fedeli di Dahvjin. Egli era assorto in meditazione da ormai tre mesi, e le sole forze degli abitanti della costa non sarebbe mai potuta bastare a bloccare quell'invasione. In molti erano ormai salpati con le navi dirette alle isole, molti altri invece avevano cercato rifugio in Davah'nji, che si era rapidamente riempita di profughi dai villaggi più lontani. Le mura della città gli davano sicurezza, la scogliera alle proprie spalle la rendeva inespugnabile, ma alla lunga tutti sapevano che quella città impossibile da prendere con la forza si sarebbe trasformata in un'orrenda prigione per chi vi si era rinchiuso dentro.
Invocarono allora a gran voce Dahvjin, ed Egli finalmente interruppe la propria meditazione, irritato per il fastidio arrecatoGli.
Vide l'esercito invasore, e per la prima volta mostrò al suo popolo il suo volto segreto, il volto del Fuoco Distruttore.
L'intera pianura che congiungeva la costa ai Regni Centrali venne arsa da un incendio quale mai se ne erano veduti dall'alba della creazione, e quale mai si vedrà più fino al giorno in cui Dahvjin non deciderà di restituire il mondo intero alle fiamme. L'intero esercito nemico venne arso vivo nel fuoco infernale che si sviluppò fin dove poteva giungere la vista degli abitanti di Davah'nji che affollavano gli spalti delle mura.
L'incendio durò tre settimane, al termine delle quali si estinse miracolosamente. Dove prima c'erano pianure e colline, boschi e vita, era rimasta solo la morte e la grande distesa da allora conosciuta come Deserto del Fuoco.
Dahvjin si rivolse ai suoi fedeli e disse loro: Ho eliminato i vostri nemici nel mio fuoco purificatore, e ora le vostre terre sono protette da una landa desolata che proclamo come mio dominio. Niente lo potrà attraversare senza avere la mia benedizione, lì il fuoco avrà potere di vita e di morte su ogni creatura. Questa terra sarà la vostra più grande difesa, ma dovrete imparare a conviverci o divorerà pure voi, che non siete stati in grado di difendervi da soli dai vostri nemici. Adattatevi al fuoco e forgiatevi in esso per divenire più forti, o il fuoco vi brucierà come ha bruciato i vostri nemici.
Detto questo, rientrò nel suo tempio e riprese a meditare."


Kharon represse a stento una risata.
Quel testo pretendeva di narrare fedelmente vicende risalenti all'età degli Dèi, quando nel mondo gli Dèi camminavano sulla terra e vivevano in mezzo alla gente.
Non dubitava certo che gli Dèi esistessero, ci sarebbe mancato altro, nè dubitava che un tempo avessero vissuto tra gli uomini. Ma dubitava che per difendere una città un Dio avesse desertificato una zona così vasta, quando avrebbe potuto operare in mille altri modi. Certo, tutti sapevano che gli Dèi spesso agivano nel modo più complesso possibile... ma Kharon aveva avuto modo di studiare a lungo non solo la magia, pure le scienze. Ed il suo maestro gli aveva spiegato che la desertificazione spesso è un processo naturale, che avviene in tempi molto lunghi, per motivazioni affatto divine.
Molto probabilmente, quel testo era stato scritto quando il deserto ormai era una realtà consolidata del territorio Faheiriano e gli ignoti redattori dello scritto avevano voluto legare il deserto alla loro religione. Una mossa senz altro furba, che li aveva radicati ulteriormente nel territorio, ma pur sempre un'invenzione.

Scuotendo la testa, si rimproverò a bassa voce per l'atteggiamento che non riusciva ad evitare di tenere nei confronti di quel testo. Stava andando nella città dove si trovava il templio principale di quella religione, e in occasione di una delle maggiori cerimonie annuali.
Se si fosse dimostrato troppo ignorante in materia sarebbe balzato immediatamente agli occhi di tutti come una persona strana.
Se si fosse dimostrato irrispettoso di qualche usanza o credenza, anche solo per ignoranza, sarebbe potuto morire.
Sforzandosi di rimanere concentrato, riprese la lettura del libro rilegato in pelle rossa.

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